Sicurezza in implantologia
Ogni giorno giornali e televisioni parlano di implantologia proponendola come lo strumento moderno in mano al dentista che ci aiuta a rimanere giovani e a mantenere un sorriso sicuro, allontanandoci dallo spettro della dentiera, simbolo di vecchiaia e quindi di emarginazione nella società moderna occidentale.
Quasi mai si parla di sicurezza in implantologia. Eppure l’implantologia, che ha rivoluzionato negli ultimi anni il modo di concepire la riabilitazione orale, è una branca chirurgica e come tale dovrebbe essere trattata.
La pubblicità incalzante e le esigenze del mercato propongono continuamente sistemi implantari e tecniche chirurgiche che sebbene possano apparire alla portata di tutti, nascondono tuttavia insidie e rischi che a volte possono trasformarsi in eventi di insuccesso e in danno per il paziente sprovveduto o mal consigliato.
Non dimentichiamo che l’inserimento di impianti nell’osso non è il semplice inserimento di una vite in una struttura più o meno dura, ma è il posizionamento di una protesi(protesi radicolare) in un contesto bioanatomico complesso per il ripristino della funzione estetica e meccanica dell’elemento dentario.
La riabilitazione protesica con uso di impianti osteointegrati dovrebbe essere considerata non solo un’opera meccanica, ma soprattutto un’opera intellettuale che riconosce nell’attenta valutazione del complesso bioanatomico la chiave di successo del nostro intervento che dipenderà, oltre che dall’operatore, dalle risposte biologiche individuali del singolo paziente e dalle possibilità tecniche che le strutture anatomiche coinvolte ci consentiranno.
Il successo è il conseguimento di un risultato riabilitativo duraturo nel tempo, che risponde alle esigenze del singolo e che nei limiti del possibile non arrechi alcun danno personale e complicazioni immediate e future.
Successo implica pertanto il concetto di sicurezza, sicurezza di dare al paziente ciò che più si adatta alle proprie esigenze, nel rispetto della salute locale e generale, e non ciò che la pubblicità e gli interessi commerciali vorrebbero; sicurezza di non compromettere strutture anatomiche importanti per la qualità della vita stessa; sicurezza di sfruttare al meglio ciò che l’organismo ti offre; sicurezza vuol dire infine pianificare e pianificare vuol dire conoscere.
Spesso si parla di terapia senza parlare di diagnosi, dimenticando l’etimologia del termine stesso:
diagnosi dià "attraverso" e gnosis "conoscenza".
Nell’ambito odontoiatrico in generale e nello specifico implantologico la parola "diagnosi" si coniuga bene con "indagine radiologica".
Nella pratica clinica quotidiana di riabilitazione implantoprotesica e nella maggioranza dei casi è prassi limitare l’indagine radiologica prechirurgica alla sola panoramica o ad una serie di radiografie endorali, in breve ai soli esami di primo livello in grado di fornire solo informazioni superficiali e non coerenti con l’esigenza di un operatore attento; è anche vero che andare oltre a questo livello di indagine vuol dire richiedere una tomografia computerizzata molto costosa in termini di radiazioni (spesso non giustificata per i principi e le norme di legge vigenti sulla radioprotezione) e si finisce così per rinunciare a tutte quelle informazioni utili per una corretta pianificazione implantoprotesica, caricandosi di una responsabilità posta in bilico tra le norme di legge sulla radioprotezione (legge 187/2000) e l’esigenza di garantire un risultato clinico accettabile.
Lo sviluppo della tecnologia digitale, attraverso la produzione di apparecchiature radiologiche, permette oggi di superare queste due esigenze contrapposte nell’interesse del paziente, del professionista e della qualità del prodotto finale.
La novità in radiodiagnostica si chiama Tomografia Volumetrica Cone Beam (a fascio conico), tecnologia conosciuta ormai con l’acronimo CBTV (Cone Beam Tomografic Volumetry).
In pratica questa tecnologia è l’evoluzione della TAC.
Abbiamo oggi acquisito nel nostro studio questo apparecchio TAC che la Soredex ha di recente introdotto sul mercato, lo Scanora 3D, che sfrutta questa tecnologia e che presenta caratteristiche uniche nel suo genere.
Il primo vantaggio della tomografia volumetrica cone beam rispetto a una TAC tradizionale è il notevole risparmio di radiazioni da somministrare al paziente, permettendo al clinico di non dover rinunciare ad alcuna informazione utile nel rispetto delle norme sulla radioprotezione. Il vantaggio diagnostico di questa nuova tecnologia è la straordinaria possibilità di elaborazione delle immagini acquisite che permette applicazioni pratiche non immaginabili fino a ieri; l’immagine in 3D che ci appare sul computer sembra davvero la fotografia di un reperto anatomico.
Possiamo oggi, grazie a questo apparecchio, pianificare in sicurezza ogni intervento chirurgico, progettare il posizionamento di impianti in modo ideale e senza rischi ed evitare tutte le complicazioni possibili, facili conseguenze di un approccio terapeutico affrettato e non scrupoloso.